Frutto ricco di energia e di minerali, appetito dall’avifauna, dai roditori, dai cinghiali e dagli scoiattoli, nonché dall’uomo che ne fa largo consumo, mangiandolo crudo, cotto (arrostito, candito, bollito), secco e sotto forma di farina usata per i dolci (frittelle e castagnaccio).
Il marrone, frutto di una varietà pregiata dalla forma ovoidale e non schiacciata, ha dato il nome a un celebre dolce, il marron glacé, e a un colore.

Fin dall’antichità la castagna è stata apprezzata per l’alto valore nutritivo (amidi, sostanze azotate e minerali).
A partire dal Medioevo, e fino all’introduzione della patata nel 1700, divenne base alimentare per molte popolazioni (specialmente quelle montane) come elemento integrativo o sostitutivo del grano nella fabbricazione del pane, e dei legumi nelle minestre.
Sempre a partire dal Medioevo venne considerata cibo per i morti, al pari dei ceci e delle fave, tradizione che è viva ancora ai nostri giorni attraverso l’usanza di lasciare sul tavolo un piatto di castagne bollite la notte del 2 novembre affinché i morti se ne possano cibare.

Le castagne sono state e sono ancora oggetto di proverbi e modi di dire quali “Prendere in castagna” che significa cogliere in fallo; “Cavare le castagne dal fuoco con la zampa del gatto”, cioè fare qualcosa a proprio vantaggio esponendo gli altri; “Meno di una castagna” , cioè meno di nulla; “Farsi incastagnare”, cioè farsi mettere in difficoltà; “Tirare una buona castagna”, cioè tirare un tiro secco che va a segno; e molti altri. Sono inoltre il tipico frutto usato per accompagnare e propiziare i morti nel giorno dedicato a loro.

Con il termine “Castagnole” vengono chiamate le nacchere (nell’Italia meridionale e in Spagna) per il loro suono secco che ricorda quello di due castagne percosse una contro l’altra.

L’albero sui cresce questo frutto, è il CASTAGNO il cui nome latino, Castanea sativa L., (identico in greco) deriva da Castanis, una città dell’Asia Minore dalla quale, narra la leggenda, la pianta passò in Grecia per poi giungere in Italia.
Originario dell’Iran e della Turchia settentrionale, è stato in seguito coltivato dall’uomo in Europa per i frutti eduli, sin dall’antichità.

Nella tradizione popolare occidentale questa pianta è simbolo di previdenza, in quanto in grado di nutrire per tutto l’inverno.
Per il tronco corto e possente e la chioma imponente, evocava il dio supremo reggitore dell’universo; i frutti venivano chiamati dai latini “ghiande di Zeus” (Jovis glandes).

Un tempo le foglie venivano impiegate per imbottire i materassi e come lettiera per gli animali in luogo della paglia.
Secondo antiche leggende una culla di legno di castagno fa crescere il bambino sano e robusto; e dormire in un letto di castagno assicura sonni tranquilli.
Nella tradizione popolare un ramoscello di questa pianta legato ad un filo di argento veniva appeso in auto come talismano per chi parte per un lungo viaggio per assicurarsi il ritorno a casa.

È una specie mellifera, per l’abbondante produzione di polline e nettare, da cui si ricava un miele scuro e aromatico.
È uno dei Fiori di Bach consigliato per attraversare i momenti difficili senza farsi travolgere dalla disperazione e per “approfittare” del dolore per guardarsi dentro.
Ha proprietà astringenti energiche, antispasmodiche, bechice – tossifughe, sedative, toniche e mineralizzanti.

CASTAGNI SECOLARI
A Pratolungo di Melle (CN) vive un esemplare di 27 m di altezza e dalla circonferenza del fusto di 9 m.
Nella villa del sanatorio di Broglio (VC) si trova un castagno dalla circonferenza del fusto di 10,5 m formato da più tronchi concresciuti.
In Sicilia, alle pendici dell’Etna, è famoso il “castagno dei cento cavalli” che, secondo la tradizione, offrì riparo dal temporale a Giovanna di Aragona e al suo seguito di cento cavalieri (XVI secolo). Sebbene il tronco principale sia bruciato nel 1923, i suoi quattro polloni hanno una circonferenza complessiva di 50 m.

Dal libro inedito sulle Piante officinali di Federica Spaziani
Foto di Federica Spaziani