CILIEGIO
Prunus avium L.
Famiglia: Rosaceae

Il nome deriva dal latino e significa “susino degli uccelli” con allusione al fatto che i volatili sono ghiotti dei frutti e facilitano la disseminazione.
L’epiteto ciliegia ha origine iraniana (kirahs, keras) e latina ceresia.

In epoca medioevale questa pianta veniva usato per guarire le ernie: si faceva passare il sofferente in mezzo a un giovane albero tagliato a metà longitudinalmente, poi si riunivano le due parti e si coprivano di letame bovino per favorirne la cicatrizzazione, più facilmente si fosse saldato il fusto, più velocemente sarebbe guarita l’ernia.

I frutti sono eduli e sono conosciuti per essere diuretici. Sono ampiamente consumati freschi, in marmellata, sotto spirito, in gelatina e come base di bevande alcooliche: liquore (maraschino, ottenuto dalla varietà marasca), distillato (kirsch), vino (ratafià).
L’olio estratto dal nocciolo è ottimo per l’espulsione dei calcoli renali.
È apprezzata come pianta ornamentale, per la copiosa fioritura e i frutti colorati (sono state selezionate molte varietà da fiore).
È specie nutrice di numerose farfalle tra cui Nymphalis polychloros, Aporia crataegi e Iphliclides podalirius.

Il suo simbolismo è vario.
Nell’antico Giappone i suoi frutti simboleggiavano la missione del samurai che accettava di versare il proprio sangue per l’onore e la verità e onoravano le loro spade (katane) con rametti fioriti di ciliegio. Il fiore (sakura) rappresentava la purezza e la perfezione dell’ideale dei samurai, il bushi. Ancora oggi in questa terra il giorno delle nozze si fa bere un tè di ciliegio agli sposi come augurio di felicità.
Per molte tradizioni i suoi fiori sono simbolo di amore puro e affetto incondizionato.

Dal libro inedito sulle Specie officinali di Federica Spaziani