La noce è uno dei frutti secchi più nutrienti che contiene proteine, glucidi, sali minerali (soprattutto zinco e rame) e vitamine A, B1, B2, B5 e PP e che svolge un’importante funzione di nutrimento per le cellule nervose.
Il mallo acerbo contiene molta vitamina C e tannino. Lo juglone, ossidandosi, dà origine a un chinone nero adoperato come tintura.
Nella “Dottrina della Signatura” presente già presso gli antichi Greci e Romani, ma resa popolare dal medico rinascimentale Paracelso, si sosteneva che malattia e rimedio dovevano avere caratteristiche (colore, forma, odore) comuni.
Secondo questa teoria, la noce, assomigliando all’encefalo umano, veniva quindi usata per curare i disturbi del cervello.
Nell’analogia l’epicarpo carnoso rappresentava il cuoio capelluto, l’endocarpo legnoso (guscio) il cranio, la pellicola che avvolge il frutto le meningi, ed il frutto, convoluto e diviso in due, simboleggiava i due emisferi cerebrali.

Trova impiego nell’industria dolciaria e in cucina per la preparazione di numerose ricette.
Tritata fresca, viene usata per la preparazione di maschere di bellezza, latti e creme tonificanti; non troppo mature è usata per la produzione del nocino, un liquore tradizionale trentino.
L’olio contenuto nei semi è usato nell’industria alimentare, cosmetica e farmacologica.

Nasce sull’albero del NOCE il cui nome scientifico, Juglans regia L. deriva dal latino Jupiter che significa “Giove” e glans che significa “ghianda”, quindi “ghianda di Giove”, poiché presso gli Antichi era pianta sacra a Giove.
L’epiteto specifico deriva sempre dal latino con riferimento al re degli dei, cioè a Giove.

Si pensa che questa pianta sia originaria della Persia, nonostante alcuni autori attribuiscano le sue origini all’Europa (Balcani e Caucaso) e altri ancora all’Estremo Oriente. È stata comunque diffusa in tutta Europa fin da epoca antichissima.

È un albero legato a un duplice simbolismo: quello funesto e quello di rigenerazione.
Nella mitologia greca era legato al femminile: Artemis Cariatis, una delle figlie di Dione, re della Laconia, fu amata, ricambiando, da Dionisio il quale le diede la capacità di profetare e la trasformò in noce alla morte delle sue sorelle.
Durante il Medioevo una leggenda narrava che le streghe celebrassero il loro sabba intorno al noce di Benevento.
Ancora oggi nella mitologia popolare di alcuni paesi si pensa che dormire sotto a un noce porti emicrania o addirittura febbre.
Secondo una leggenda slava, invece, le persone virtuose, destinate a ripopolare il mondo, durante il diluvio universale si salvarono grazie a un guscio di noce.
In Sicilia, a Modica, al passaggio degli sposi si gettavano noci e grano in segno di buon augurio. Sempre in Sicilia e in Puglia si pensava che una noce portata in tasca preservasse dai fulmini, dai sortilegi, dalle malattie, debellasse la febbre, accelerasse i parti lenti e propiziasse il successo.

Per sue proprietà tintorie, il mallo viene utilizzato per la concia e la tinta delle pelli; in cosmetica per creme coloranti e tinture per i capelli.
Le foglie ed il mallo sono incompatibili con gli alcaloidi e la gelatina.
Il concentrato di decotto di mallo serve per togliere le macchie dai mobili di noce.
In veterinaria l’infuso di foglie serve a tenere lontani i tafani, le foglie applicate sulle mammelle degli animali arrestano la secrezione lattea.

Ha proprietà lassative, vermifughe, amare stomachiche, depurative, tonico-astringenti, ipoglicemizzanti e galattofughe.

Dal libro inedito sulle Piante officinali di Federica Spaziani
Foto di Federica Spaziani