L’origine del nome rosa è controversa: secondo alcuni autori deriva dal latino rosa che a sua volta deriverebbe dal greco rhodon, secondo altri dal celtico rhood o rhuud che significa rosso, secondo altri ancora dal sanscrito vrad o vrod che significa flessibile con riferimento alla flessibilità dei suoi rami.
Il termine specifico canina deriva dal greco kynos che significa cane con allusione al fatto che un tempo la sua radice veniva usata per curare la rabbia.

Presso i Greci questo fiore era l’attributo di Afrodite, nata dalla schiuma del mare a cavallo di una conchiglia, insieme con un ceppo spinoso dal quale nacquero rose bianche. Nel famoso quadro di Botticelli “La nascita di Venere”, la dea sorge dalle acque accompagnata da una pioggia di rose che celebrano la divinità come manifestazione della bellezza divina, e il sacro matrimonio tra Cielo e Terra, l’amore fecondo suscitato da Venere.

La poetessa greca Saffo chiamava questa pianta “la regina dei fiori”, denominazione rimasta fino ai nostri giorni.
L’imperatrice Poppea aggiungeva al latte di asina in cui era solita fare il bagno, petali di rosa macerati nell’olio.
Presso gli Arabi era molto usata l’acqua di rosa ricavata dalla distillazione dei fiori. Damasco era la sede del principale mercato di rose del mondo antico.

Nell’Antica Cina i petali di questa pianta venivano aggiunti alle pietanze in cucina perché si pensava servissero a predisporre l’animo femminile agli incontri amorosi.

La rosa canina, durante la seconda guerra mondiale, divenne un importante fonte di vitamina C per i bambini britannici, in sostituzione degli agrumi (i suoi frutti erano detti “arance del nord”).
Nella tradizione popolare era usata a scopo alimentare per ricavarne il miele rosato e le marmellate fatte con i suoi frutti, sia a scopo curativo contro lo scorbuto e l’artrosi.

La breve durata del suo fiore ha fatto diventare questa pianta simbolo di caducità della vita; mentre la struttura concentrica ha evocato l’idea della ruota, quindi il tempo che scorre, l’eterno ciclo vita-morte.
Secondo un’altra interpretazione questa pianta è la custode del segreto poiché con i petali nasconde la sua parte più intima. La rosa canina in particolare è emblema di indipendenza e di poesia.

Ha proprietà antidiarroiche, aromatizzanti, lassative, rinfrescanti, correttive, vitaminiche, anti-infiammatoire dell’apparato uro-genitale, diuretiche, astringenti, antinervose, vermifughe contro gli ascaridi.

I petali seccati erano usati in riti propiziatori per attirare l’amore, l’amicizia e la benevolenza.
Si possono utilizzare per colorare le insalate e si possono anche mangiare.
I frutti eduli, sono impiegati per la produzione di una marmellata acidula ricca di vitamina C. Sono inoltre molto graditi dall’avifauna soprattutto nel periodo invernale.

Questo genere, dopo il biancospino, è il più visitato dai lepidotteri.
Le galle dei rami (escrescenze prodotte dalle punture dell’insetto Cynips rosae) vengono raccolte in autunno e vengono utilizzate come polvere o decotto per le proprietà diuretiche e antisudorifere.

È uno dei fiori di Bach consigliato per problemi di apatia, rassegnazione, tristezza latente, stanchezza esistenziale, mancanza di interesse per le cose quotidiane; aiuto a ritrovare il gusto per la vita donando energia e speranza.

Dal libro inedito sulle Piante officinali di Federica Spaziani
Foto di Federica Spaziani