ALBICOCCO
Prunus armeniaca L.
Famiglia – Rosaceae

Il nome generico deriva dal latino prunus = “prugno, susino”, epiteto che i Latini davano in genere a diversi alberi che producono drupe (Albicocco, Mandorlo, Pesco, Ciliegio, ecc.).
Il nome specifico deriva dall’Armenia da dove Linneo credette erroneamente fosse originario.

Il suo frutto, considerato in passato rarissimo, pare che fosse apprezzato già quattromila anni fa’ dagli imperatori cinesi, tanto che ne parlava il Chan-hai king, – il “Libro dei monti e dei mari” – attribuito all’imperatore Yu il Grande, vissuto verso il 2200 a.C.: il suo ideogramma è un alberello in un vaso, come se fosse stato considerato l’albero per antonomasia.

Di provenienza dall’Asia Centrale, questa pianta si diffuse in Persia ed Armenia per giungere, dopo le conquiste di Alessandro Magno, sulle rive del Mediterraneo.
In Europa l’albicocco venne introdotto dai Romani all’inizio dell’era cristiana, ebbe poi un periodo di oblio nel Medioevo. Furono gli Arabi a reintrodurne la coltivazione attorno al X secolo, non solo per finalità gastronomiche ma anche a scopi farmacologici.
Questo albero conobbe a partire dal XV sec. una fortuna crescente, ed oggi è coltivato dovunque vi sia un clima abbastanza caldo.

Una leggenda racconta che in origine l’albicocco era solo una pianta ornamentale con bei fiori bianchi; quando l’Armenia venne invasa dai nemici fu ordinato di abbattere tutti gli alberi che non producevano il frutto per ottenerne legname e questo sarebbe stato anche il destino dell’albicocco se una fanciulla non avesse pianto sotto la sua chioma per tutta la notte; al mattino sull’albero erano cresciuti dei frutti dorati, le albicocche.
In altre leggende viene l’albicocca, viene indicata come il frutto proibito assaggiato da Adamo ed Eva al posto della mela.
Un’altra notizia si ha dai trattati medici arabi, che raccontano di come l’albicocca venisse usata per curare il mal d’orecchi.
Nella tradizione popolare inglese sognare l’albicocca porta fortuna, mentre altrove simboleggia la timidezza in amore.
Le albicocche, al giusto grado di maturazione, sono state paragonate a una guancia femminile e, per il solco che le percorre, a un altro tondo attributo.

Il frutto (drupa), è ricco di vitamina A e C, che gli conferiscono proprietà antiossidanti,
di sali minerali (Potassio, Fosforo, Sodio, Ferro e Calcio), che ne fanno valido supporto in caso di spossatezza, anemia, ausilio nell’attività fisica e di sorbitolo che lo rendo un blando lassativo.
Può essere consumato sia fresco, sia non fresco (disidratato, sciroppato, candito, sotto forma di marmellata, sotto spirito, sotto forma di succo, etc), in quest’ultimo caso perde gran parte dei suoi principi attivi.

Nella cosmesi popolare l’albicocca è stata sempre accoppiata anche alla cura della pelle.
L’olio ottenuto dai suoi semi, racchiusi nel nocciolo, è molto efficace sia per il trattamento delle smagliature che delle rughe.

In pasticceria vengono usati, in quantità limitate a causa del contenuto di acido cianidrico che li rende tossici, anche i semi, chiamati armelline (o mandorle amare), ingredienti fondamentali negli sciroppi, liquori e amaretti.

La marmellata di albicocche è l’ingrediente essenziale per l farcitura della famosa torta viennese Sacher, dal nome del pasticcere Eduard Sacher che la creò nel 1832 per il principe Metternich.

Dal libro inedito sulle Specie alimentari di Federica Spaziani